Conegliano
(F.Fi.) Contagiati dalla scabbia contratta in clinica da un loro famigliare, ricoverato allo stato terminale di una malattia, ora si rivolgono al giudice per avere il risarcimento dei danni biologici, esistenziali e morali, dopo aver atteso inutilmente per oltre un anno risposte dalla struttura sanitaria e dalla sua compagnia assicurativa. Un'intera famiglia, tre adulti e tre minori, si sono così rivolti all'avvocato Nicola Todeschini per vedere riconosciute le richieste. Il fatto risale a gennaio 2001, quando alla clinica De Gironcoli, durante il ricovero di un loro congiunto, i famigliari segnalano a più riprese che lamenta arrossamenti, prurito insopportabile, sospettando una malattia dermatologica. Ma l'ipotesi non viene seguita, e solo quando l'uomo muore viene accertato che era stato colpito dalla scabbia. Anche perchè coloro che lo avevano assistito erano stati contagiati. La direzione sanitaria della clinica sostiene di non aver nascosto la verità, non negando che c'erano stati dei casi diagnosticati per i quali era in corso il risarcimento, e che tutto era sotto controllo.«Da un lato si pone il problema dei maggiori dolori, evitabili negli ultimi giorni di vita del paziente, che se è vero che era destinato, è altrettanto vero che era in regime di ricovero e di teorica dovuta protezione. - sostiene Todeschini - Dall'altra la scabbia è stata riscontrata su diverse persone che lo avevano assistito e che hanno dovuto stare in quarantena, con una certa umiliazione sociale, poiché è considerata malattia dovuta a carenza di igiene o contatti con ambienti particolari, e quindi malattia discriminante». La famiglia in un primo momento si era rivolta al tribunale del malato che fece un esposto per chiarire cosa era stato fatto per evitare e perchè a fronte delle richieste dei parenti non era stato detto niente. Ma non avendo ottenuto risposte, lo scorso ottobre i parenti si sono rivolti all'avvocato che, con una perizia legale in mano, ha inoltrato una richiesta danni per diverse decine di milioni di lire alla clinica De Gironcoli.
«Il fatto di essere stati attenti ha evitato di farli diventare a loro volta "untori" - sostiene l'avvocato - perchè si trattava di evidente contagio. La diagnosi è stata chiarissima. A febbraio è arrivata l'unica risposta, che tutto cioè era stato inoltrato alla compagnia di assicurazione della struttura. E' passato un anno, allora andremo in causa, per la loro responsabilità contrattuale nei confronti del paziente e della famiglia. Ancora una volta le strutture si lavano le mani e attendono che siano le assicurazioni ad assumere iniziative, lasciando le persone in balia di sé stesse»